Oggi, e nelle due prossime domeniche, il Vangelo di Matteo (capitolo 13, versetti 1-23) ci presenta il terzo dei grandi discorsi di Gesù: il discorso delle parabole.
La parabola è un racconto semplice di vita quotidiana in Palestina ai tempi di Gesù. Ma si tratta di un racconto che deve coinvolgere l’ascoltatore, deve farlo riflettere su una realtà ben più profonda del semplice racconto.
La parabola non è facile: richiede capacità di approfondire e di riflettere sul modo di agire di Dio che è diverso da quello dell’uomo. Come dice Gesù si può ascoltare ma senza capire. La parabola, quindi, impegna chi ascolta.
La prima parabola che ci viene proposta è quella del Seminatore. Un uomo che sparge il seme con larghezza, senza risparmio, addirittura butta il seme sulla strada, tra le pietre, in mezzo alle spine e nella terra buona.
Il Seminatore è Dio stesso e il seme è la sua parola: una parola che porta vita, che fa germogliare speranza. Dio semina con larghezza la sua parola, non sempre viene accolta dall’uomo ma porta frutto. Non mancano persone che accolgono la parola e si lasciano trasformare da Dio. La parabola del Seminatore, dunque, è un messaggio di speranza: Dio, nonostante la resistenza dell’uomo, raggiunge sempre il suo scopo.
Nella spiegazione che fa Gesù della parabola si richiama l’attenzione sui terreni non adatti ad accogliere il seme. Sono le persone superficiali, incostanti, che si lasciano prendere «dalle preoccupazioni del mondo e dalla seduzione della ricchezza». Ma c’è anche chi ascolta la parola e la comprende: «Questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Un frutto davvero sorprendente: un seme è capace di produrre cento! La parola di Dio è davvero efficace, cambia la vita o, meglio, porta vita nuova se incontra la disponibilità dell’uomo.
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